Gabriele Scicolone, presidente Oice, si esprime in merito all’emendamento della Lega di «sospensione sperimentale» di alcune disposizioni del codice appalti fino a fine 2020.
Gabriele Scicolone | Presidente Oice
«Se è chiaro l’intento dell’emendamento e della proposta di sperimentazione, è assolutamente non condivisibile la proposta di liberalizzare completamente il ricorso all’appalto integrato. È un esperimento di cui già conosciamo gli effetti perniciosi e le derive alle quali porta in termini di trasparenza. Il Paese ha bisogno di cantieri velocemente, non di progetti, cantieri e opere scadenti.
Manteniamo ferma la centralità del progetto e agiamo sulle altre misure di accelerazione, salvando anche il regolamento unico. Professionisti, studi professionali e società di ingegneria svolgono un ruolo fondamentale a tutela della committenza; si tornerà nuovamente ad asservire i professionisti al giogo delle imprese, con incertezza dei pagamenti, strozzamento delle parcelle a detrimento della qualità. Perché dobbiamo continuare a parlarne? L’appalto integrato liberalizzato, e lo dimostra l’esperienza precedente al codice del 2016, porta con se tanti effetti collaterali in termini di qualità dei progetti esecutivi, di trasparenza e di contenimento dei costi. Purtroppo ancora si deve prendere atto che, più che intervenire sulle cause della difficoltà di aprire i cantieri, si sceglie la facile strada delle scorciatoie, perché di questo si tratta. Perché, poi, rimuovere i limite del 30% al punteggio economico in un quadro nel quale gli appalti pubblici vanno già in media oltre il 50% delle basi di gara? Siamo arrivati all’hard-discount delle progettazioni e delle opere. Qual è il legame causa-effetto tra ciò e la necessità di sbloccare i cantieri? Oice propone di ricondurre la disciplina alla casistica del codice vigente inserendo quelle tutele che lo stesso Governo, correttamente, aveva previsto per il progettista e che anche i relatori del provvedimento hanno condiviso: il pagamento diretto da parte della stazione appaltante e l’obbligo di documentare i requisiti di capacità progettuale. Crediamo sia profondamente sbagliato ammettere riserve su progetti validati perché significa svilire il ruolo di una fase fondamentale qual è quella delle verifica dei progetti e determinare aumenti di costi e di contenziosi. Da questo punto di vista ci preoccupano anche molto alcuni emendamenti che tendono a relegare gli operatori economici dell’area tecnica in posizioni marginali a vantaggio di poche società di validazione accreditate che diverrebbero monopoliste, così come altre proposte che legittimerebbero le amministrazioni a effettuare verifiche fino a 20 milioni di lavori documentando un semplice sistema di qualità; tutte norme che rispondono alle lobby e non agli interessi del Paese. In conclusione, forse non ci si rende conto degli effetti di ‘sospensione sperimentale’ di una norma che porterà le amministrazioni a disapplicarlo nella speranza che finito il periodo sperimentale sia modificata secondo interessi particolari. Conseguenza: una probabile, ulteriore paralisi».