Negli ultimi cinque anni gli effetti della crisi economica e l’intensificazione dell’uso dei new media (in particolare di Twitter e Facebook) hanno fornito cause e mezzi per l’agglomerarsi di nuove forme di protesta, di cui ricordiamo le maggiori sigle: Indignados, Occupy Wall Street, Piazza Tahrir.
Contemporaneamente in Italia, l’acuirsi della crisi dell’economia e le manovre dei Governi Berlusconi e Monti, hanno reso evidente la contrapposizione d’interessi tra liberi professionisti “datori di lavoro” e liberi professionisti “prestatori d’opera” con partita Iva individuale. Un fermento e un disagio, che hanno fatto maturare in molti colleghi un senso mai percepito prima, d’urgente condivisione delle sorti e d’appartenenza, non già nei confronti delle tradizionali associazioni sindacali o culturali, né tantomeno nei confronti degli albi professionali, quanto piuttosto verso le nuove e più plastiche forme “smart” d’aggregazione d’interessi, offerte dalle reti sociali.
Così dopo il 2010, grazie al web ed ai social networks, sono nate comunità tutte formate da ingegneri, architetti e in genere tecnici, di cui citiamo a memoria alcune sigle: “Iva Sei Partita”, “150K Architetti”, “Amate l’Architettura”, “Architetti Italiani”, “Ordine degli Architetti di Facebook”, “Comitato Professioni Tecniche”.
Gruppi più o meno longevi, a volte confinati in una sola città, spesso focalizzati su uno specifico problema della professione o di gruppi di professionisti, che hanno generalmente espresso, in modo più o meno aggressivo, posizioni politiche autonome, a volte originali (mentre nel medesimo periodo, dobbiamo riconoscere che gli organismi istituzionali e anche gli stessi sindacati di rappresentanza, di politica delle idee ne hanno fatta poca). Il fenomeno è probabilmente da leggere nel quadro della generale disaffezione degli italiani per il sistema delle deleghe della rappresentanza, ma letto in positivo, fa anche comprendere che la voglia di fare politica è diffusa, pur se segue canali differenti da quelli del passato anche recente.
Certo chi aderisce su internet per lo più non versa quote, concede un’adesione poco impegnativa, può cambiare idea e schieramento in un baleno, non è tenuto a presenze, ma se la può cavare con un tweet o un like ogni tanto. Tuttavia sarebbe un errore non tentare d’interpretare queste tendenze, che devono farci almeno riflettere se è ancora possibile la rappresentanza unitaria di professionisti, che nella quotidianità esercitano in forme che sono in contrasto tra loro: titolari di studi organizzati, consulenti isolati, principianti, partite Iva, dipendenti pubblici e privati, docenti, pensionati. Tutti sono iscritti ai medesimi Albi, ma veramente in pochi esercitano la professione a tutto tondo, poiché per questioni di sopravvivenza si sono adattati alla domanda e quindi frazionati in nicchie e micro-nicchie di specializzazione.
Ci piacerebbe che su questi argomenti s’aprisse un dibattito, che vorremmo ospitare sul sito, www.assoarchitetti.it.
Bruno Gabbiani, presidente Ala Assoarchitetti