I sindacati lanciano un vero e proprio allarme sociale: mentre si sta giustamente discutendo delle regole del gioco, il Codice degli Appalti, dove note sono le diverse posizioni in campo, i sindacati temono che «si stia sottovalutando cosa si debba fare una volta iniziata la partita».
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A parlarne è Franco Turri, segretario generale di Filca Cisl: «positivi sono gli stanziamenti fatti nei due anni passati e quelli deliberati dal Consiglio dei ministri di ieri in attuazione della legge di Bilancio 2017, ma il problema è che tali risorse stanno da troppo tempo rimanendo nei cassetti o vengono usate per coprire spese correnti e non investimenti. Le risorse ci sono: il problema è che non vengono spese e i cantieri non partono, sia per grandi che per piccole e medie opere pubbliche. Così la ripresa non ci sarà e aumenterà disoccupazione e lavoro nero. Le stazioni appaltanti sono troppo e per molti versi non qualificate per mettere presto in assegnazione lavori e opere, le amministrazioni locali sono ripiegate sulla spesa corrente e non sugli investimenti, i piani industriali di grandi soggetti come Anas e Ferrovie arrancano e in tutto questo il settore delle costruzioni fa fatica ad agganciare la ripresa, l’occupazione stagna e aumenta il lavoro nero e la corsa al ribasso. Se non si attivano presto e bene le decine e decine di cantieri per cui le risorse sono state già stanziate rischiamo di perdere tutti».
Cambio generazionale e maggiore selettività delle imprese
Con la nota redatta da Franco Turri, Vito Panzarella e Alessandro Genovesi, segretari generali di Filca Cisl, Feneal Uil e Fillea Cgil, i sindacati si appellano affinché Governo, enti locali, imprese, forze politiche e sociali «assumano il tema della realizzazione concreta degli investimenti in opere pubbliche e infrastrutture come prioritario per l’agenda del Paese chiedendo di agire su due fattori fondamentali per la qualificazione del nostro sistema: da un lato serve maggiore selettività delle imprese, premiando le imprese più serie, che applicano i contratti di settore, investono in formazione e sicurezza per i propri dipendenti e che vogliono investire. Dall’altra dobbiamo facilitare un cambio generazionale nel settore, permettendo a migliaia di operai edili ultra sessantenni di poter andare in pensione, riducendo gli attuali paletti previsti per l’Ape agevolata (troppi sono i 36 anni di contributi ed i 6 anni continuativi per un edile) e permettendo a migliaia di giovani tecnici, formati per l’anti sismico e la riqualificazione energetica, di entrare in azienda e aiutare il settore a quel salto tecnologico e di competenze non più rinviabile».