Al di là del protocollo, sul quale l’Oice conferma le riserve già espresse e comunque fornirà nei prossimi giorni i riscontri delle esperienze applicative per contribuire all’emissione di uno strumento più efficace e più in linea con la normativa vigente, l’associazione sottolinea che è necessario intervenire anche sul fronte normativo.
Gabriele Scicolone | Presidente Oice
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«Siamo preoccupati perché si partirà con difficoltà nella ripresa dei cantieri. Se è vero che dal protocollo si evince con chiarezza che la necessità di riconfigurare i cantieri, le pianificazioni e l’uso di specifici Dpi comporterà dei costi aggiuntivi, senza un Fondo pubblico di emergenza dal quale attingere per ristorare i maggiori costi, che dalle prime stime non saranno di poco conto, ci si incaglierà tra committenti che non li hanno nelle proprie disponibilità e imprese che li vorranno riconosciuti, inchiodando la ripartenza. O, peggio, si tornerà a cercare le scorciatoie a tutto svantaggio dei lavoratori. Questi costi sono a tutti gli effetti “costi della sicurezza“, quindi incomprimibili e non scontabili. Rileviamo ancora che alcune integrazioni rispetto al Dpcm del mese scorso spostano, più o meno volontariamente, in capo al Cse compiti di “vigilanza” che sono invece, propri del datore di lavoro e attribuiscono al Csp compiti che non sono coerenti con la normativa di rango primario. Si rischia che il protocollo sia disapplicato, su questi punti, per contrasto con il decreto 81/08. Occorre anche affrontare il tema delle responsabilità derivanti dall’evento Covid in cantiere, alla luce di quanto previsto dall’articolo 42 , comma 2 del decreto Cura Italia, partendo dall’impossibilità di stabilire la presunzione semplice di origine professionale che terrorizza i datori di lavoro che rischiano di diventare i capri espiatori dell’emergenza. Positivo, invece, che il nuovo protocollo sui cantieri sia stato reso cogente perché inserito come allegato al Dpcm, come avevamo richiesto».