A Matera, nel corso del convegno «Infrastrutture per la crescita: cultura ingegneristica tra programmazione e progettazione», organizzato dal Consiglio Nazionale Ingegneri e dall’Ordine degli Ingegneri di Matera sono emersi nuovi dati in merito agli investimenti pubblici che negli ultimi 10 anni sembrano essersi fermati.
I dati presentati dal Cni Matera
Tra il 2008 e il 2018 gli investimenti pubblici in opere stradali e del Genio Civile hanno registrato una flessione del 21%. Non si sono recuperati i livelli di spesa pre-crisi 2008, anzi siamo ancora ai livelli di spesa che si registravano in Italia nel 2002. Siamo anche lontani dagli standard dei principali Paesi europei, dove la quota di investimenti pubblici nel settore dei trasporti supera il 20% del totale investimenti pubblici mentre in Italia si attesta attualmente al 17%.
Sullo stesso sentiero di ridimensionamento si muovono gli investimenti per altre opere pubbliche (impianti idrici, energetici, interventi di urbanizzazione, telecomunicazioni), la cui spesa tra il 2008 ed il 2017 ha registrato una flessione del 29%.
Su tutto hanno pesato le politiche di rientro dal debito pubblico, specie a partire dal 2011. Il Paese, tuttavia, già prima non brillava per efficienza infrastrutturale, a causa di un dualismo tra Nord e Sud del Paese che rende tutto estremamente complicato.
Attualmente il 24% delle linee ferroviarie del Mezzogiorno è a doppio binario a fronte del 60% delle linee del Centro-Nord. Il 49% delle linee ferroviarie del Mezzogiorno è elettrificato a fronte dell’80% di quelle del Centro-Nord.
Tra il 2010 ed il 2016 i porti del Mezzogiorno hanno registrato una flessione del 19% in termini di tonnellate movimentate, con un lieve recupero nel 2017, a fronte di un incremento dell’8% e del 3% rispettivamente al Nord ed al Centro. Tra il 2004 ed il 2014 la rete autostradale è aumentata, in termini di km, del 7% al Nord e del 3% al Sud.
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Tagli, inefficienze e sprechi
Le analisi effettuate dal Centro Studi del Cni, fanno emergere uno spaccato complesso della questione infrastrutturale, fatta non solo di tagli alla spesa per opere pubbliche ma da una serie di inefficienze e di sprechi che certamente al Paese non hanno fatto compiere alcun progresso.
È sufficiente ricordare che il Mit rileva attualmente la presenza in Italia di oltre 640 grandi opere incompiute per un valore complessivo di 4 miliardi di euro, il 31% dei quali spesi, mentre per la parte restante non si sa con esattezza cosa succederà. Si aggiungono altre 400 opere, per un valore di 27 miliardi di euro, bloccate per motivi burocratico-autorizzativi, per contenziosi e mancanza di decisione degli enti pubblici.
Al 31 dicembre 2018 la spesa per i programmi Ue 2014-2020 per interventi nel campo dei trasporti risulta pari al 14,4% delle risorse disponibili per questa tipologia di investimenti, mentre la spesa per l’Agenda digitale risulta pari al 32,7%. Le risorse effettivamente impegnate, rispetto a quelle disponibili sono certamente a livelli più elevati, ma i ritardi accumulati, ad un anno dalla chiusura formale di questo ciclo di programmazione, appaiono evidenti.
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Fonte: elaborazione Centro Studi Cni su dati Eurostat
Il Pon Metro
Emblematico, proprio perché fortemente focalizzato sulla rigenerazione urbana e sulle infrastrutture materiali e immateriali è il caso del Pon Metro, per le Città Metropolitane italiane, con una dotazione finanziaria di oltre 858 milioni di euro per il periodo 2014-2020, dei quali effettivamente impegnati il 35% anche essi ad un anno circa dalla conclusione formale del programma.
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Procedure e autorizzazioni
Come certificano l’Agenzia per la Coesione Territoriale e il Nucleo di Valutazione e Controllo, nel processo di realizzazione delle opere pubbliche in Italia il 53% del tempo è impiegato dalla pubblica amministrazione per l’espletamento di procedure, verifiche, controlli, rilascio di autorizzazioni, mentre la parte restante è impiegata per l’effettiva realizzazione dell’opera. Per opere al di sopra di 100 milioni di euro, il periodo medio di realizzazione è di 15 anni.
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Indagine su 3600 ingegneri
In occasione del Convegno di Matera, il Centro Studi Cni ha condotto un’indagine su un campione di oltre 3600 ingegneri che operano nell’ambito della progettazione di opere pubbliche.
- Per il 33% il rilancio delle infrastrutture passa per una revisione del Codice Appalti, seguita dalla richiesta urgente di una riduzione e maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti.
- Il 75% degli ingegneri inoltre reputa determinante che il dl Sblocca Cantieri stabilisca l’approvazione di un regolamento unico di applicazione delle norme del Codice dei Contratti pubblici al posto delle attuali linee guida Anac.
- Minore rilevanza viene attribuita dagli intervistati all’innalzamento della soglia massima per il subappalto e alla reintroduzione del compenso del 2% riconosciuto per le attività di progettazione ai tecnici della amministrazioni pubbliche.
Armando Zambrano | Presidente Cni
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«Ci troviamo certamente in una condizione di scarsità di risorse dovute a politiche di contenimento della spesa pubblica eccessivamente prolungato nel tempo. Questo sembra avere determinato una sorta di declassamento delle politiche delle infrastrutture praticamente da parte di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni. In Italia si fanno norme sempre sull’emergenza. Inoltre nel provvedimento Sblocca Cantieri non c’è molto di buono. Ad esempio, nulla si dice sulla procedura di realizzazione delle infrastrutture, uno dei passaggi che determinano l’eccessivo allungamento dei tempi di realizzazione. Occorre chiedersi se il vero problema sia la carenza di risorse pubbliche disponibili, o piuttosto la capacità di programmare e gestire in modo competente i progetti legati alle infrastrutture. Le opere incompiute e la miriade di opere bloccate rivelano un sistema in cui il processo decisionale non funziona, a livello centrale e locale, anche per la presenza di norme che regolano la gestione degli appalti pubblici e la realizzazione del processo costruttivo talmente sovrabbondante da essere una stortura. Il sistema, ha un che di paradossale ed occorre intervenire su due punti: la semplificazione delle norme, anche attraverso la revisione del Codice dei Contratti Pubblici e la qualificazione delle stazioni appaltanti. Forte è l’impressione che il dl Sblocca Cantieri (dl 32/2019) pur riconoscendo l’esistenza di un problema determinerà scarsi risultati se non interviene alla radice del problema, ovvero sulla quantità enorme di procedure burocratiche che fanno perdere di vista l’obiettivo finale ovvero quello di realizzare delle infrastrutture che servono. Vi è un grande lavoro da fare che deve iniziare dal rimettere fortemente in discussione, in modo coraggioso e costruttivo, la complessa filiera della programmazione e gestione delle opere pubbliche da parte delle pubbliche amministrazioni. Gli ingegneri e, più in generale, i professionisti tecnici e le imprese coinvolte in questo settore intendono dare un contributo a questo dialogo per una politica delle infrastrutture che torni ad essere al centro dei processi di modernizzazione del Paese».