Il recente varo, da parte del Governo, del nuovo Codice degli Appalti risponde all’esigenza, ormai improcrastinabile, di mettere ordine in un settore particolarmente sensibile che soffre delle sollecitazioni più disparate (da quelle criminali a quelle ambientali a quelle politico-ideologiche) ammortizzandole solo in parte e, per giunta, con grandi difficoltà.
Il testo, che rigenera un vecchio Codice a sua volta figlio di una riforma successiva al ciclone Tangentopoli, regala qualche buona occasione e qualche occasione sprecata. Ovviamente, dovremo aspettare l’applicazione sul campo in un arco temporale medio/lungo per saggiarne la tenuta ma, già da ora, è possibile fare una valutazione di metodo e di merito sul nuovo corpus che regola i rapporti tra la Pubblica amministrazione e i privati.
È certamente un bene l’abolizione della gara al massimo ribasso a favore della offerta economicamente più vantaggiosa che garantisce così una maggiore attenzione al lato tecnico e qualitativo delle istanze e, di conseguenza, una riduzione nel potere discrezionale della scelta. Ma non è scongiurata, almeno come ipotesi, la patologia di ribassi anomali giustificati dalle «migliorie» regalate al committente. Su questo, Esecutivo e Parlamento potevano essere più coraggiosi.
Inoltre, il limite di 5 milioni di euro frena l’attività preventiva di controllo dell’Anticorruzione sulla costituzione delle commissioni giudicatrici e rischia di tenere fuori dalla tutela di legalità migliaia e migliaia di piccole e medie imprese in tutt’Italia e, soprattutto, al Sud. È comprensibile che ci sia un’organizzazione delle attività dell’Anac del presidente Raffaele Cantone che punti a un efficientamento del lavoro e a una razionalizzazione delle risorse, ma la soglia appare punitiva nei confronti di quelle imprese che, partecipando ad appalti di importo inferiore, avvertono urgente l’esigenza di essere difese.
Il Governo avrebbe dovuto rivedere al ribasso questa indicazione perché la corruzione e le infiltrazioni mafiose si annidano anche e soprattutto nelle gare con importi meno appariscenti, dov’è più facile operare contro la legge. Gare che per requisiti specifici sono spesso le uniche alla portata di imprese che lottano giorno e notte per sopravvivere in territori difficili e proteggere fatturato e occupazione.