«Progettare per sport» indica una progettazione condotta «per gioco», in modo approssimativo e non professionale, con una connotazione sostanzialmente negativa.
«Progettare per lo Sport» è, al contrario, attività estremamente complessa, da condurre nel modo più competente e professionale.
L’esperienza ci dice che gli errori progettuali più ricorrenti riguardano spesso un inadeguato raccordo tra progetto architettonico e progetto economico–gestionale, una mancata visione di quella che sarà, nel tempo, la vita reale della struttura, una rispondenza normativa spesso miope e parziale.
Si deve considerare che con impianto sportivo s’intende un insieme di tipologie ampio e diversificato: possono essere infatti al chiuso, interamente all’aperto, miste aperte-chiuse, in spazi e percorsi nell’ambiente naturale. I diversi sport, a loro volta, possono svolgersi su terreno naturale, su pavimentazione artificiale, in spazi d’acqua, o ancora nell’ambiente naturale in acqua, aria, neve, ghiaccio; questi ultimi possono essere prodotti anche artificialmente.
Gli impianti sportivi possono ospitare attività diverse tra loro. Le Federazioni Nazionali sono infatti circa 40, a cui si aggiungono le discipline associate. Ciascuno sport, a sua volta, si articola in specialità diverse, che possono svolgersi a vari livelli, da quelli di base, fino all’agonismo e allo spettacolo di alto livello.
Le varie discipline vengono così a configurare numerose richieste prestazionali, verso gli spazi risolventi, che possono essere profondamente diverse tra loro: un campetto di quartiere nulla ha a che vedere con uno stadio in cui si disputa un campionato internazionale: la parte più simile è, paradossalmente, il terreno di gioco; tutto il resto esprime due realtà esigenziali profondamente diverse.
Il risultato finale di ogni intervento dipende dall’intelligenza con cui si è condotto l’intero ciclo edilizio sportivo di pianificazione, programmazione, progettazione, costruzione, gestione: gli errori a monte si pagano tutti nella fase finale di uso e gestione.
Fondamentale è il rapporto tra i vari soggetti interessati: chi pianifica e programma, chi decide i singoli interventi, sia pubblici, sia privati, chi progetta e chi, alla fine dell’intero procedimento, dovrà gestire la struttura; a tale scopo si deve partire da un piano economico-gestionale sostenibile, elaborato in collaborazione dai diversi soggetti appena citati, e far discendere da questo il progetto architettonico; spesso si fa un percorso opposto e, di conseguenza, tutto in salita; stressando l’argomento si potrebbe dire, in modo paradossale, che non esistono buoni progettisti, esistono invece buoni committenti.
I criteri a cui fare riferimento in fase di progettazione di un impianto sportivo, sia si tratti d’intervento sul nuovo, sia sull’esistente, sono in estrema sintesi:
- L’inserimento ambientale e urbanistico presuppone che la decisione circa il tipo d’intervento sia correlata a un bilancio tra domanda e offerta di sport sul territorio, valutando i fabbisogni reali e le effettive capacità gestionali: le «ore sport» che l’impianto realizzato produrrà devono rispondere alle necessità del suo bacino di gravitazione. In fase di progettazione poi, e di scelta dei materiali, si tenga conto della tradizione costruttiva di quel luogo, per assicurare la sostenibilità ambientale dell’intervento; il laterizio, di cui questa rivista si occupa, appartiene indubbiamente alla storia costruttiva del nostro Paese.
- La funzionalità sportiva prevede che ogni impianto sia articolato in sezioni: lo spazio di attività, i servizi di supporto (spogliatoi…), le tribune, gli impianti tecnologici, i servizi per i media. La funzionalità e la scelta dei materiali degli spazi di attività sportiva devono rispondere ai requisiti richiesti da ciascuna Federazione di competenza, mentre le restanti sezioni dell’impianto devono rispondere alle norme Coni e alle altre vigenti in materia.
- Il dimensionamento degli spazi deve rispondere alle necessità previste nel progetto economico-gestionale; a titolo di esempio, gli spogliatoi devono garantire sempre e comunque i minimi di legge, ma devono poi rispondere anche ai criteri con cui il gestore farà girare quell’impianto (uomini-donne; bambini-adulti-anziani; diversamente abili; utenti singoli-squadre; corsi-allenamenti-gare); tutto questo le norme non lo conoscono, lo può sapere solo chi sarà il futuro gestore.
- I criteri di relazione presuppongono che i diversi utilizzatori dell’impianto (atleti, accompagnatori, addetti…) possano svolgere le loro funzioni in modo ottimale, con adeguata possibilità di movimento per tutte le attività svolte nell’impianto; anche a questo scopo la conformazione funzionale e la scelta dei componenti costruttivi svolgono un ruolo determinante.
- Il superamento delle barriere architettoniche è un parametro mai adeguatamente considerato in fase di progettazione; questa condizione risponde non solo a esigenze di civitas e a precise richieste normative, ma anche a quelle di movimentazione in fase di conduzione, pulizia e manutenzione; dove passa un utente diversamente abile lavora bene anche l’addetto alla gestione e alla manutenzione con le sue attrezzature. Un impianto accessibile assicura una gestione certamente più razionale ed economica.
- Il comfort ambientale: in un impianto sportivo convivono persone che fanno sport, altri che si cambiano d’abito e fanno una doccia, allenatori, spettatori, addetti, altri ancora che fanno una sauna o consumano alimenti: a tutti questi l’impianto deve assicurare condizioni di benessere e comfort ambientale diversificate, rispondenti alle esigenze microclimatiche specifiche.
- La sicurezza è un parametro di progetto fondamentale, atteso che lo sport è attività basata sul movimento e lo spettacolo sportivo sul tifo degli spettatori; i criteri progettuali di sicurezza devono riguardare tutte le categorie di utilizzatori, durante le diverse fasi di presenza nell’impianto; le norme indicano i criteri minimi di riferimento, ma anche in questo caso irrinunciabile è una visione intelligente del progetto.
- I requisiti igienico sanitari. Per le attività stesse che vi vengono praticate, devono essere sempre ineccepibili: conformazione degli spazi, percorsi, scelta dei materiali, agevole pulibilità e manutentibilità devono rispondere a queste esigenze in modo ottimale.
- I risparmi energetici: last but not least, tutte le scelte progettuali devono rispondere a severi requisiti bioclimatici, per concorrere all’equilibrio economico-gestionale della struttura.
Concludo queste note, necessariamente sintetiche, richiamando i criteri di polivalenza e polifunzionalità, sia sportiva, sia extra sportiva, che saranno sempre più la chiave per la sostenibilità degli impianti a tutti i livelli nel prossimo futuro; il Foro Italico in Roma, le cui immagini illustrano queste pagine, è un buon esempio, attraverso gli anni, in questa direzione. (Tratto da @CostruireInLaterizio172)
Ennio Carbone,
vicepresidente Commissione Impianti Sportivi del Coni e coordinatore Spaziosport
Enrico Carbone. Nato a Roma, laureato in Architettura, ha lavorato presso il Coni dal 1976 al 2008 con ruolo di direzione nelle Strutture tecniche per gli impianti sportivi. Già membro della commissione «Sport e Ambiente» del Comitato Olimpico Internazionale, chairman del gruppo di lavoro «Sport e Ambiente» dei Comitati Olimpici Europei, componente della delegazione tecnica ai Giochi Olimpici, è Vicepresidente della «Commissione Impianti Sportivi» del Coni e Coordinatore della rivista Spaziosport.