Costruire in laterizio | Complesso di S. Saba, Roma

Il laterizio come evidenza storica: mutazione materiale e costruttiva nel complesso di S. Saba a Roma

La disamina dei tipi murari e delle finiture condotta nel complesso di S. Saba a Roma contribuisce alla ricostruzione delle fasi costruttive della fabbrica storica e restituisce le specifiche valenze attribuite ai materiali costitutivi delle murature.

(Cil 173) Il nucleo storico del complesso di S. Saba, sul piccolo Aventino, è costituito dalla basilica e dagli edifici attigui realizzati nel basso Medioevo e trasformati, a più riprese, fino alla seconda metà del secolo scorso (1). La chiesa, a tre navate concluse da absidi semicircolari, presenta attualmente un impianto inusuale, caratterizzato da uno spazio ulteriore comunemente chiamato ‘quarta navata’: questa corrispondeva, in origine, a un portico laterale, che fu annesso al corpo basilicale sullo scorcio del XIII secolo, poi separato e infine ripristinato durante i restauri condotti dall’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura fra il 1900 e il 1910 (2). Adiacenti al fianco settentrionale della chiesa sono disposti un edificio realizzato sui resti di un protiro medievale e un vano scale che collega gli ambienti del piano terra, destinati a deposito, ai livelli superiori.

Il complesso di S. Saba sul piccolo Aventino, Roma.

Una piattaforma soprelevata, attigua alla ‘quarta navata’, copre due vani ipogei accessibili dall’interno della chiesa; essa costituisce l’unica testimonianza di un corpo di fabbrica demolito fra il 1931 e il 1933, durante i lavori guidati da Clemente Busiri Vici (3). A sud della basilica è disposta la casa parrocchiale, realizzata attraverso l’ampliamento di un chiostro medievale, mentre a ovest si trova il portico antistante la facciata, sormontato da una galleria e da una loggia di coronamento.

Nell’area di sedime della chiesa si conservano i resti del luogo di culto preesistente, un oratorio monastico verosimilmente ricavato dall’adattamento di un’aula absidata tardoantica; le strutture archeologiche, occultate dalle costruzioni bassomedievali, sono state rinvenute nel primo decennio del Novecento (4).

Rilievo della basilica e degli edifici attigui: pianta del piano terra.
LEGENDA
1. basilica
2. campanile
3. ‘quarta navata’
4. edificio realizzato sui resti del protiro medievale
5. vano scale
6. piattaforma
soprelevata
7. casa parrocchiale
8. portico

Le fabbriche dell’insediamento presentano un palinsesto complesso e stratificato, motivato da una continuità d’uso plurisecolare; i paramenti murari sono costituiti prevalentemente da laterizi, impiegati dall’età tardoantica sino al XX secolo.
L’uso dei mattoni, talvolta alternati a blocchetti di tufo, risulta eterogeneo, poiché il materiale è stato utilizzato con funzioni diverse, correlate alle soluzioni tecnologiche e formali; la disamina degli apparecchi murari e delle finiture permette di valutare, di volta in volta, il ruolo a questi assegnato, in relazione agli edifici e alle diverse destinazioni d’uso.

L’aula ipogea sottostante la chiesa è costituita da una muratura listata in laterizi di reimpiego e blocchetti di tufo, che caratterizza le pareti longitudinali e le due estremità della controfacciata articolata, in origine, da un triforio (5). I filari orizzontali sono irregolari e discontinui; i giunti di malta, piuttosto alti, si presentano privi di particolari finiture.
Sebbene non costante, prevale l’alternanza di un filare di laterizi e uno di tufo6, ma in prossimità del solaio di copertura sono presenti seisette ricorsi consecutivi di mattoni; la fascia in laterizi si estende, alla medesima quota, su tutte le superfici a vista e, forse, perimetrava l’intero vano.

Parete nord dell’aula ipogea di S. Saba. In primo piano sono visibili i pilastri di sostegno del solaio in c.a., realizzato nel 1904.

L’altezza ridotta dei muri longitudinali, livellati nel basso Medioevo per fondare i colonnati soprastanti, limita la possibilità di analizzare le caratteristiche della muratura in elevato; il fronte, tuttavia, fu inglobato nella facciata della basilica, ove sono presenti riquadri privi d’intonaco che permettono di analizzare il paramento dell’aula al livello delle finestre.

Ai margini superiore e inferiore dei rettangoli sono presenti numerosi filaridi laterizi, mentre nella zona intermedia si alternano, in sequenza abbastanza regolare, ricorsi di tufo e mattoni; tali caratteristiche permettono d’ipotizzare che la muratura della fabbrica primitiva fosse costituita da sezioni in opera listata separate da fasce in laterizi. Il paramento interno, tuttavia, non era a vista e la qualificazione spaziale della sala absidata tardoantica e dell’oratorio monastico era affidata ai rivestimenti: le pareti dell’aula furono ricoperte da intonaci, bianchi o policromi, che celavano le tessiture degli apparecchi murari.

Ai laterizi, di conseguenza, era attribuita esclusivamente una valenza costruttiva: essi possiedono una resistenza a compressione mediamente superiore a quella della malta e del tufo romano (7), che consente di migliorare le caratteristiche meccaniche della muratura. Le fasce laterizie, d’altra parte, avevano il duplice ruolo di sistemi di orizzontamento e ripartizione dei carichi; se disposte sull’intero perimetro del vano e a quote diverse potevano altresì esercitare una funzione di ‘cerchiatura’: i mattoni, infatti, hanno un coefficiente di dilatazione trasversale inferiore a quello della malta e, per effetto dell’attrito, tendono a ‘confinare’ le murature (8).

Il paramento murario della chiesa è costituito prevalentemente da laterizi di spoglio; sopra le finestre del cleristorio è visibile la soprelevazione quattrocentesca.

Nel basso Medioevo, l’utilizzo diffuso delle cortine laterizie distingue l’area romana dal contesto laziale: tale peculiarità è stata motivata attraverso la disponibilità di materiale di recupero dagli edifici di epoca classica e correlata anche a intenzioni emulative delle tecniche costruttive antiche (9).

Gli edifici bassomedievali del complesso di S.Saba – vale a dire la basilica, il campanile, il portico, la galleria soprastante, la ‘quarta navata’, le ali del chiostro – sono caratterizzati prevalentemente da murature con laterizi di reimpiego e giunti di malta di altezza variabile, rifiniti in alcuni casi da allisciatura e stilatura; l’uso dei tufelli, per contro, appare limitato o riservato agli interventi adattativi più tardi.

Il paramento esterno della basilica è caratterizzato prevalentemente da mattoni di spoglio, con presenza di tegole e filari di tufo; la malta, a base di calce e pozzolana, è allettata su giunti piuttosto alti (10). L’incidenza del tufo, tuttavia, risulta variabile: sulle pareti longitudinali della navata centrale i ricorsi sono più numerosi, irregolari e discontinui, mentre nel prospetto posteriore – articolato dai volumi sporgenti delle absidi – risultano meno frequenti e disposti, negli emicicli minori, in corrispondenza delle buche pontaie.

Parete nord della basilica. In primo piano è l’arco acuto di rinforzo; in secondo piano, i dipinti tardo-duecenteschi che coprono le tamponature in tufelli della ‘quarta navata’.

Tale circostanza avvalora l’ipotesi di una valutazione innanzitutto costruttiva del materiale, impiegato negli elementi morfologicamente e staticamente complessi dell’edificio.

Nel basso Medioevo o in età immediatamente successiva, infatti, le murature in mattoni sono state preferite nelle componenti architettoniche con specifica funzione strutturale: caratterizzano, ad esempio, un arco di rinforzo a sesto acuto – costruito fra la fine del XIII o nel XIV secolo per consolidare un’arcata aperta in breccia sul muro nord della chiesa– oppure la soprelevazione della navata centrale, realizzata nel 1463 per sostenere una copertura a capriate contigue.

Per contro, le componenti prive di funzione statica – quali le tamponature delle arcate binate della ‘quarta navata’ o delle bifore del chiostro medievale – vennero sovente realizzate in tufelli. Nella chiesa, i laterizi sono stati utilizzati anche nelle cornici di coronamento delle absidi e della facciata, costituite da elementi sporgenti, tagliati a denti di sega e mensole marmoree; l’unico frammento superstite del campanile, invece, è costituito solo da mattoni sporgenti.

Le addizioni successive alla basilica sono costituite da murature apparecchiate con cura: le pareti del portico laterale e dell’antico protiro, riconducibili alla prima metà del XII secolo, presentano una muratura in laterizi di reimpiego, a filari orizzontali e con giunti piuttosto sottili, lisciati e stilati (11). Un paramento analogo distingueva il piano terra del chiostro medievale–attualmente inglobato dalle costruzioni del secolo scorso–e il livello inferiore del portico principale.

Dettaglio della parete ovest nel vano a nord alla chiesa. Il paramento è in laterizi di spoglio con giunti di malta stilati; sono evidenti le tracce di scalpellature più tarde.

All’interno della basilica si conservano tracce limitate delle finiture medievali, poiché gli intonaci furono rimossi durante i restauri di primo Novecento; furono preservati, invece, i dipinti tardo-duecenteschi della ‘quarta navata’, il fregio perimetrale quattrocentesco della navata centrale e gli affreschi trecenteschi e tardo-cinquecenteschi dell’abside (12). Sulla facciata, invece, si conserva un lacerto d’intonaco a falsa cortina dipinta, disposto a lato dell’ingresso e parzialmente coperto da un muro: la finitura, datata all’ultimo quarto del XIII secolo (13), simula una muratura regolare con blocchi squadrati e giunti sottili.

Le strutture realizzate in epoca più tarda, fra il XV e il XIX secolo, si conservano in misura limitata; furono demolite durante il periodo di abbandono successivo alla metà del Seicento, asportate nel corso dei restauri di primo Novecento o anche occultate da ampliamenti recenti (14). Le tecniche costruttive degli interventi post-medievali, di conseguenza, non possono essere analizzate in dettaglio, poiché le trasformazioni sono desumibili quasi esclusivamente da fonti archivistiche o iconografiche.

Diversamente, nel XX secolo vennero realizzati, in pochi decenni, i lavori che hanno conferito al complesso l’assetto attuale. Il restauro condotto dall’Associazione Artistica fra il 1900 e il 1910 era finalizzato a ripristinare il presunto stato primitivo della chiesa (15). L’intervento fu caratterizzato da un uso precoce del c.a., impiegato nel 1904 per realizzare il solaio di copertura dell’aula absidata (16); tale scelta, tuttavia, fu motivata dall’esigenza di coprire un vano ipogeo di luce consistente e altezza modesta (17). Per i lavori di consolidamento, invece, vennero utilizzate soluzioni consuete, poiché le sottofondazioni della basilica e delle tamponature della parete nord della ‘quarta navata’, l’arco di scarico sul muro settentrionale della chiesa e i pilastri di sostegno del solaio in c.a. vennero realizzati in mattoni ‘zoccoli’.

Dettagli della facciata della basilica. In alto al centro è l’intonaco a falsa
cortina dipinta; a sinistra, il rivestimento in laterizi realizzato nel 1931-33.

Gli interventi di risarcitura delle lacune murarie, invece, seguirono il criterio di accordare le nuove murature a quelle antiche: sulla facciata della basilica venne realizzato un paramento in laterizi e tufelli, attualmente celato da una cortina successiva, mentre le pareti del cimitero ipogeo furono reintegrate con mattoni di spoglio (18).

Gli ampliamenti novecenteschi segnarono la rifunzionalizzazione del complesso, elevato a vice-parrocchia nel 1909 e a sede parrocchiale nel 1931. I lavori, avviati da Guglielmo Palombi nel 1914 attraverso la costruzione del braccio meridionale del chiostro, vennero proseguiti da Clemente Busiri Vici nel 1931-33, con la realizzazione dell’ala orientale e del refettorio; nel 1954-58 furono completati da Vincenzo Passarelli attraverso l’edificazione di una galleria anulare, che occultò le strutture preesistenti. Le addizioni presentavano caratteriaffini, poiché sono state caratterizzate da cortine a vista e forme medievaleggianti.

Per risarcire le lacune murarie, invece, negli anni Trenta del Novecento furono impiegati laterizi speciali, alti solo 3 cm; gli stessi elementi vennero utilizzati anche per rivestire la facciata della chiesa, al livello del portico d’ingresso. Tale intervento fu motivato, forse, dalla disomogeneità degli apparecchi preesistenti e dall’esigenza di uniformare il paramento, replicando le componenti architettoniche principali.

Il cortile interno della casa parrocchiale, perimetrato dalla galleria anulare realizzata nel 1954-58 da Vincenzo Passarelli; in secondo piano sono la basilica e il corpo di fabbrica addossato alla facciata.

Conclusioni

Nel complesso di S. Saba, la disamina dei tipi murari e delle finiture restituisce le specifiche valenze attribuite ai materiali costitutivi delle murature; queste si legano alle diverse funzioni assegnate alle singole fabbriche e al complesso. In età tardoantica l’uso di mattoni di spoglio definisce una muratura disomogenea e priva di qualità formali, sicché i paramenti sono stati rivestiti da intonaci; presumibilmente i mattoni furono impiegati prevalentemente per le caratteristiche intrinseche del materiale, che consentiva di migliorare la qualità costruttiva delle murature.

Negli edifici bassomedievali, invece, la presenza di finiture quali la falsa cortina dipinta o la stilatura dei giunti di malta alludono a una più regolare disposizione del muro, comunque ostacolata dalla presenza di materiali e formati eterogenei. L’apprezzamento estetico correlato a un’apparecchiatura ordinata e omogenea sembra favorito, piuttosto, dalla ripresa della produzione di laterizi nel XV secolo.

Nell’intervento dell’Associazione Artistica l’uso dei laterizi è stato differenziato in base al ruolo, tettonico o figurativo, assegnato alle componenti architettoniche; la scelta di paramenti diversi distingue, di conseguenza, gli interventi strutturali dalle reintegrazioni. Una concezione più radicale sembra presiedere i lavori degli anni Trenta, dove l’impiego di mattoni di ridotto spessore appare non solo riservato alla risarcitura di lacune, lesioni e discontinuità costruttive, ma anche esteso alle superfici caratterizzate da una più accentuata stratificazione.

L’esigenza di ‘adeguamento’ ha origine probabilmente dall’elevazione della chiesa a parrocchia, correlata a un ruolo di rappresentanza e a un uso assiduo; tale intervento, tuttavia, ha irreversibilmente pregiudicato la leggibilità delle strutture antiche. L’uso delle cortine a vista negli ampliamenti novecenteschi, infine, risponde alla necessità d’integrare le nuove costruzioni con le fabbriche preesistenti e, quindi, di risolvere problematiche di ordine figurativo; i laterizi erano utili a restituire un’immagine ‘tradizionale’, connessa a quella della città storica, in un periodo in cui l’architettura contemporanea volgeva verso tipi diversi di tecnologie.

Il complesso di San Saba, come accade per molti altri edifici storici romani, appare caratterizzato da un’omogeneità apparente, derivata in buona parte dalla presenza dominante del mattone. Analizzato più da vicino, esso restituisce proprio attraverso la lettura muraria stratificazioni costruttive diverse, più numerose di quanto attestato dalle scarse tracce documentarie conservate.

Tale restituzione diacronica consente di cogliere la versatilità del laterizio a lavorazioni e concezioni costruttive distinte che, nella mutazione d’impasti, dimensioni e posa in  opera, restituiscono un ventaglio di possibilità e di sensibilità mutevoli nel tempo, in grado di conferire alle superfici architettoniche una particolare densità espressiva.

di Silvia Cutarelli Phd, Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura (Dsdra), Sapienza Università di Roma.

Note

1. Il presente contributo ha origine da una ricerca volta a restituire le vicende costruttive e gli interventi di restauro del complesso di S. Saba, a Roma; lo studio, finalizzato a valutare gli esiti del processo trasformativo, è stato condotto secondo una metodologia consolidata, integrando la disamina del materiale documentario, i dati desunti dal rilievo e i risultati delle analisi dirette. Si veda Cutarelli 2016-17 [1]. Si ringrazia la prof. Donatella Fiorani, l’ing. Adalgisa Donatelli e l’arch. Marta Acierno per l’aiuto durante la stesura del presente articolo.
2. Testini 1961 [2], pp. 39-40 e 60-61; La Bella 2003 [3], pp. 148-156.
3. Archivio Centrale dello Stato, Architetti del ‘900, Fondo Clemente Busiri Vici, b. 53, fasc. 11/1, «Breve relazione» del 2 novembre 1961.
4. Cannizzaro 1901 [4]; Cannizzaro 1902 [5]; Cannizzaro,Gavini 1902 [6]; Cannizzaro,Gavini 1902 [7]; Cannizzaro 1905 [8]; La Bella 2003 [n. 3], pp. 98-104; Bordi 2008 [9], pp. 13-35 e 155-170.
5. Il muro nord, tuttavia, appoggia su una struttura preesistente, di difficile identificazione, che presenta un paramento in laterizi di reimpiego. Per l’analisi dei resti archeologici e la ricostruzione delle vicende trasformative dell’aula absidata si veda Krautheimer 1976 [10], pp. 49-68.
6. L’altezza complessiva di un filare di tufo e uno di laterizi è pari a 10.5-13 cm.
7. Curioni 1868 [11], pp. 68-70.
8. Gallo Curcio 2007 [12], pp. 38-41.
9. Montelli 2011 [13], p. 25.
10. Il modulo 3×3 e quello 5×5 corrispondono, infatti, rispettivamente a 17-19.5 cm e
29.5-31.5 cm.
11. I moduli 3×3 e 5×5 misurano, rispettivamente, 17-18.5 cm e 27-29 cm;
anche le ghiere e l’estradosso degli archi binati che caratterizzavano il prospetto del portico presentano giunti stilati.
12. I Cultori proposero di verificare se fossero presenti, nell’abside, affreschi precedenti a quelli realizzati nel 1575, ma l’iniziativa non fu assecondata dal Collegio Germanico-Ungarico; Archivio Centrale dello Stato, MPI, Divisione generale Antichità e Belle Arti, Divisione I, 1920- 1924, b.1476, Chiesa di San Saba. Restauri, «Voto approvato dall’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura nell’assemblea speciale, tenuta nella chiesa di S. Saba, il 16 giugno 1912».
13. Quadri 2012 [14].
14. Dopo gli interventi intrapresi dal cardinal Francesco Piccolomini negli anni Sessanta del XV secolo, le ultime trasformazioni degne di nota – volte ad adeguare la chiesa ai dettami della Controriforma – furono completate in occasione dell’anno giubilare del 1575; La Bella 2003 [3], pp. 76-97.
15. Cannizzaro 1901 [4], p. 11.
16. Archivio del Collegio Germanico- Ungarico, Best SAB, nr. IV, fasc. 2a, Conto dei lavori di Carlo Frigerio del 17 giugno 1904.
17. Gavini 1923 [15], pp. 31-32.
18. Le reintegrazioni novecentesche sono state individuate attraverso una foto pubblicata da Pasquale Testini, che mostra le antiche murature prive di paramenti; si veda Testini 1961 [2], p. 20.

Riferimenti Bibliografici

[1] S. Cutarelli, Il complesso di S. Saba. Vicende costruttive e interventi di restauro, tesi di dottorato in Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, ‘Sapienza’ Università di Roma, A.A. 2016-17. Supervisore: prof. Donatella Fiorani; co-supervisore: prof. Maurizio Caperna.
[2] P. Testini, San Saba, Marietti, Roma,1961.
[3] C. La Bella, San Saba, PalombiEditori, Roma, 2003
[4] M.E. Cannizzaro, Nuove scoperte nella città e suburbio, Notizie degli Scavi di Antichità, XXVI (1901), pp.10-14.
[5] M.E. Cannizzaro, L’antica chiesa di S.Saba sull’Aventino, in Atti del II Congresso internazionale di archeologia cristiana (Roma, aprile 1900), Libreria Spithover, Roma, 1902, pp. 241-248.
[6] M.E. Cannizzaro, C.I. Gavini, Nuove scoperte avvenute nella chiesa di S.Saba, sul falso Aventino, Notizie degli Scavi di Antichità, XXVII (1902), pp. 270-273.
[7] M.E. Cannizzaro, C.I. Gavini, Continuazione degli scavi nella chiesa di s. Saba, sull’Aventino, Notizie degli Scavi di Antichità, XXVII (1902), pp. 465-467.
[8] M.E. Cannizzaro, L’oratorio primitivo di S.Saba, in Atti del Congresso Internazionale di Scienze Storiche, Atti della sezione IV: Storia dell’Arte, (Roma, 1-9 aprile 1903), vol. VII, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, Roma, 1905, pp. 177-192.
[9] G. Bordi, Gli affreschi di San Saba sul piccolo Aventino. Dove e come erano, Jaca Book, Milano, 2008.
[10] R. Krautheimer, S. Corbett, W. Frankl, Corpus basilicarum christianarum Romae: le basiliche paleocristiane di Roma, vol. IV, Pontificio Istituto di archeologia cristiana, Città del Vaticano, 1976.
[11] G. Curioni, L’arte di fabbricare, presso Augusto Federico Negro Editore, Torino, 1868.[12] A. Gallo Curcio, Sul consolidamento degli edifici storici, EPC Libri, Roma, 2007.
[13] E. Montelli, Tecniche costruttive murarie medievali: mattoni e laterizi in Roma e nel Lazio fra X e XV secolo, L’ Erma di Bretschneider, Roma, 2011.
[14] I. Quadri, La decorazione pittorica del portico di San Saba, in S.Romano (ed.), Il Duecento e la cultura gotica. 1198–1287 ca., Corpus vol. V (La Pittura Medievale A Roma, 312-1431. Corpus e Atlante), Jaca Book, Milano, 2012, p. 128.
[15] I. Gavini, Il cemento armato nel restauro dei monumenti, Ingegneria. Rivista tecnica, mensile, II (1923), fasc. 2, pp. 30-33.

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